Viola lo aspettava.
Aspettava
solo
l’uomo che a lei
sola
lo avrebbe messo lì, al grado numero ventitre del sagittario.
Dritto
e puntuale
e fermo
e duro
come un imperativo categorico.
Al grado numero ventitre sta la sua Venere. Immatura, ingenua, e allegra per non dire.
Sarebbe stato sufficiente che sovrapponendo le due carte (del cielo)
su di lei fosse scivolato un sole (troppo fuoco?)
un ascendente (troppa maschera?)
un giove (troppa leggerezza?)
un mercurio (troppa stupidità?)
un marte (banale?).
Un marte. Banale (ma la banalità ha un senso, e almeno è univoco. e anche il sesso ha un senso, e almeno è unico).
Lo avrebbe aspettato zitta e intatta come .
L’uomo con marte al grado numero ventitre del sagittario.
Se scrivessi un racconto erotico alla anais nin (e la mia tastiera non fa accenti strani, ma non posso biasimarla: io non conosco la differenza tra una pèsca ed una pésca e a stento distinguo i prìncipi dai princìpi). Mi faccio sempre perdere il filo. Pollicino?
Se scrivessi un racconto erotico, alla ananas nin, comincerebbe come sopra.
(le donne, sopra)
Non posso scriverlo perché questo indirizzo lo hanno personi che mi hanno vista da piccola
piangere quando mi scordavo a casa i tovagliolini di carta per la festa di classe nell’ora di educazione tecnica (prima media? forse non ero poi così piccola, ma ho fatto la primina) e non posso smontargli un’immagine così consolidata come un bilancio (con l’ago rotto).
Non posso scriverlo e se lo scrivessi lo farei sotto uno pseudonimo più anonimo di quello di cui sopra (le donne), ma che non sia un acronimo.
Del resto, la libertà è una forma di disciplina, CCCi dicono.
Però l’incipit posso. Tanto per emanciparmi dalle blue moon(s) di cui sotto sotto alle cose che ho detto lì sotto sotto.
E tanto per fare l’eclettica attorno ad una ellittica.
DisAstrologica.
c.