Sto per scrivere una cosa da femmine. E FRIVOLA. Essendo che io non annoio (quasi) mai posso anche essere intimamente frivola (oltre che vittima di una incontrollabile tendenza allo sciopping compulsivo e compensativo. Ma questo è tema che merita altro è più tempo).
Non per nulla ieri sera alla Pergola ho visto la Locandiera di GOLDONI. Cioè, nella mia infinita bontà ho accompagnato dei personi che non potevano sottrarsi a detta visione. Non che io spontaneamente vada alla pergola a sentire Goldoni. Con rispetto parlando, il teatro dovrebbe fermarsi con l’ultimo dei classici greci e riprendere nel novecento, salva piccola parentesi scespiriana. Non escludo che Goldoni abbia avuto una qualche utilità nella storia dell’umanità. Solo che, assodata quella utilità, tappa di sviluppo verso le solite sorti magnifiche e progressive, io ne faccio volentieri a meno e preferisco chessoio, la versione brectiana dell’Antigone al Politeama a Prato. Goldoni (che il mio mac continua a correggermi con godoni, ma ognuno gode a modo suo) possono continuarlo a studiare tra Parini e ALFIERI (che mi sta già più simpatico, forse per via che a scacchi si muove facile. Tanto che tutti si arrabbiano se gli mangi un alfiere e nessuno si scalda quando gli mangiano un cavallo. E dire che è pieno di negozi di carne equina. Barbari). E possono guardarlo le ultrasettantenni che sono peraltro tenerissime quando teatrano anche loro truccate come se dovessero andare in scena. Io non ci vado più. Anche se, a onor di cronaca, ieri mi sono divertita proprio (basta capire qual è il palcoscenico più interessante).
Dicevo. Anzi scrivevo. Di una cosa frivola. Non che per un maschio sia inutile o necessariamente pallade (atena). Del resto, io riconosco le cravatte (se è per questo riconosco anche un fuori gioco) e anche una barba fatta bene. Quindi anche un uomo (“può essere dolcissimo, specialmente se al mondo oramai gli resti solo tu”, lo stesso che “può sempre avere un’anima, ma non credere che la userà per capire te”, scusate la MINA vagante). Anche un uomo può riflettere otto minuti e mezzo sul FONDOTINTA.
Le donne sanno TRUCCARE. Sanno se e cosa fare PER.
Esempio dalle noccioline:
Sally: “Trascini sempre quella coperta con te, Linus?”
Linus: “In effetti sì, è così. E ora immagino che ANCHE TU comincerai a prendermi in giro!!”
Sally: “Affatto, credo che sia una buona idea… se ti fa sentire più sicuro, è GIUSTO che te la porti dietro!”
Linus: “SMACK”
Sally: “I miei sono riccioli naturali”
Le donne sanno TRUCCARSI
Del resto, esempio dalle noccioline:
Charlie Brown: “…e ricordati che la bellezza è una cosa superficiale!”
Lucy: “Non è vero! La mia bellezza non è solo in apparenza, scende in profondità… strato dopo strato dopo strato!”
“Sissignore”
“La mia è una bellezza SPESSA!”
Le donne sanno truccarsi.
E il trucco è un autoerotismo estetico.
I trucchi danno piacere. E non è solo quello del risultato charmante. È anche olfattivo e tattile.
Impiastricciarsi usando gli OMBRETTI colle dita anziché con gli appositi pennellini (gli ombretti sono le polveri colorate che si mettono sulle palpebre, che a quattordici anni intoni solo ai vestiti, poi via via al posto dove stai andando, ai tuoi colori e poi finalmente al tuo umore).
O leccarsi il ROSSETTO (il rossetto è quello che si mette sulle labbra, che vorresti che la tua amichetta se lo mettesse rosso fino a quando non se lo mette, rosso).
Un grandissimo piacere è poi il mascara nuovo (volgarmente RIMMEL: quello di de gregori. Quello che ti fa le ciglia più lunghe e/o più spesse. A me piacciono lunghe. Quello che da maggiore melodramma alle scenate di pianto perché ti scola sulle gote rendendoti piccola e indifesa. Per questo non bisogna mai usare il mascara resistente all’acqua, se devi piangere come fai?). Il mascara NUOVO fluisce come olio sulle tue ciglia, ti senti gatta e matta.
Ma il vero orgasmo mellifluo (ho scritto pellifluo, della pelle, non mellifluo, perché word non lo capisce?), il godimento cosmico a truccolandia è il FONDOTINTA. Perché è lì che sono riposte le speranze segrete. Di una pelle splendida luminosa e con i pori chiusi. (il riferimento ai pori chiusi mi blocca la metaforizzazione vita – pelle, voglio una vita e una pelle splendide splendenti, ma non posso stare con i pori immaginari chiusi, vabbè).
Ci sono due grandi genus di fondotinta. Fluido e compatto. Quello fluido te lo spalmi colle mani come se fosse una crema, sembra facile ma il rischio chiazza incombe. Ricordarsi di agitarlo. Quello compatto si spalma con una spugnetta ad hoc, a vote impercettibilmente bagnata. Sembra difficile ma è più facile. E poi te lo puoi portare dietro per ritoccarti in macchina prima di. Non so dire quale mi piaccia di più. È necessario averli entrambi e fluire vigili colle circostanze. E poi il colore del fondotinta. Lo provi sul polso e vedi quello che non si vede, che ti fa tutt’uno con il tuo colore. Attualmente sono passata dal fondotinta xxxxxxxxx (che brava che non faccio pubblicità), vitalumière (piccola pubblicità solo per chi già sa) n. 20 (claire, perché l’inverno richiede candore) al n. 45 (rosato, perché la primavera mi accende l’olivastro). Il fondotinta compatto ha un substrato fisso (scatolina con specchio e spugnetta) dove si incastra il refill di trucco vero e proprio. Eccoci qua. Al punto G del trucco. Quando il refill è nuovo nuovo. Liscio come un barattolo di nutella ma senza paura dei brufoli. Prendi quel lisciume te lo trasferisci sulla pelle. E ti vedi sana e bella e luminosa e compatta. Anche le occhiaie diventano sciccose. È rassicurante.
Tutto questo per uscire e sentirsi dire: come sei bella naturale e senza trucco.
Funziona.
Fondotinta, grazie.
A dispetto degli afterhours (e della recensione che non c’è più), non ho più bisogno di fare pensieri superficiali per avere la pelle splendida.
(E voi, genti, diffidate delle donne che non usano il fondotinta perché sudano o non ne hanno bisogno. Non è per bisogno, è per piacere)
c.