6.6.6.
fino a ieri pensavo che oggi proprio oggi mi sarei sposata.
un pò per astromotivi, anche se plutone non mi dura un giorno (eppure parigi val bene una messa),
un pò per il numero,
perchè lo avrei ricordato anche se non è dispari,
perchè è tondo,
perchè è mefistotelico, lo so, ma avrebbe avuto la forza del fuoco.
e quella cosa un pò alla andreadecarlo, che mi vergongo ma l’ho letto quando ero (più) piccola,
(arcodamore —— archiaudaci, del resto)
quella cosa dell’amore come una parabola che sale sale sale e quando arriva a un punto che ti scoppia il cuore da quanto è forte,
a quel punto comincia a scendere e a rovinare tutto, o, comunque, ad appiattirlo nella dolcezza della noia e delle abitudini.
io quella cosa della parabola non la capisco.
perchè avrei voluto una linea retta, di quelle y=ax,
che mi passa dall’origine di chiara,
e che sale sale sale sale sale sale
magari fa dei minuscoli picchi all’indietro, tipo un elettrocardioqualcosa di qualcuno che però ce la fa,
ma di un centimetro al massimo
e ricomincia a salire.
che la noia la usa solo per fare la pizza alta quando fuori piove,
che le abitudini le usa solo per distendere il lenzuolo di sotto, perchè con le pieghe si dorme male.
che i problemi li scioglie nel vino oppure in altri fluidi.
sale sale sale con lo zucchero,
e interseca i pentagrammi di tutte le canzoni d’amore preferite:
che passa per i “ti proteggerò”
per “le ansie di perdersi e la certezza di aversi”
per gli “accappatoi azzurri” .
la mia retta ingenua come a dieci anni,
semplice come l’acqua,
determinata come una freccia,
e poi
incredibile come l’anarchia,
impossibile come l’autarchia
che ci prova, però, a bastare a se stessa.
perchè se l’amore non basta
allora non basta niente.
c.