Archivio mensile:settembre 2006

dlin dlon. comunicazione di servizio (2).


scappo…

vado a venezia per tre giorni,
anche se non è carnevale.

lascio un salvagente, in caso di necessità.
ricorda di gonfiarlo una volta uscito dall’aereo,
di tenerlo stretto,
e che per salvare gli altri, prima bisogna salvare se stessi.

lascio un salvagente, in caso di reale necessità.
sembra un salvagente ma è un gigantesco biscotto di zucchero.
ricorda di inzupparlo solo se ti piace,
di tenerlo stretto,
e che per essere addolciti, bisogna avere le papille bendisposte.

a bientò.

c.d.g.(2): palingenesi della lana e del uischi.

l’autunno ha lanciato il suo Aut Aut Unnico.
é tempo di fare le valigie.
non è per cattiveria, lo fa per me.
siccome non è proprio possibile partire,
anzichè andare in vacanza con una borsetta di vestiti portati da casa,
mi fa cambiare i vestiti restando a casa.
tutti i vestiti: l’armadio, di nuovo….
{posso autocitarmi??? lo vorrei fare in quei modi puliti puliti che resta solo una parolina, poi ci clicchi e giù la divina commedia… così, forse?

questa cosa che ho scritto è cliccabile? e porta dove spero? al c.d.g. 1?
provate QUI, comunque lo sciò mast go samuer, magari over the rainbow….}

e anche se mi fa un pò male da qualche parte
[senzazione groppo alla gola n. 17
nostalgia misto rimpianto versione serena però,
una cosa tipo succo d’arancia amara e cointreau]

e anche se mi fa un pò di dispiacere vedere i sandalini mesti mesti dentro le scatoline,
e i costumi che tornano in un cassetto che ancora continuano a litigare
su quale ha fatto più bagni (e con quale stavo meglio e mi abbronzavo di più, e…)

ed è ancora troppo presto per avere i ricordi dell’estate
[infatti stanno ancora rullati come marjuana nei rullini sul mio comodino,
sensazione pigrizia n. 24,
attesa autoprotettiva,
una cosa tipo camomilla corretta al limone corretto a due cucchiaini di zucchero]

anche se tutto questo e qualche altra cosa che non so
[sensazione confusione n. 7,5
da stanchezza mista freddino nelle tempie,
una cosa tipo un whisky oban invecchiato abbastanza da guidare il motorino]

il tempo
[lo stesso tempo che tutto cura,
sensazione zen n. 0,00000001
una cosa tipo una cosa che non so bene come si prova….]

il tempo lo fa per me.
cambio di pelle per avere la sensazione di muovermi stando ferma.
è un barbatrucco.

fa con me come quando si ruba per finta la pappa ai bambini per farli mangiare:
viene il primo freddo
viene voglia di lana e stivali
e viene voglia di cambiare stagione,
un pò
poco
poco
poco
ma sì.
viene voglia di andare avanti senza protestare.

ci si affeziona anche alle foglie che cadono, anche dopo che sono cadute.
ci si affezionerà alle pozze
e ai pochi gradi che resteranno.
ci sarà più gusto a fare una sun-dance, quando sarà.

e poi, sillo onesta.
ecco:
anche se il mio armadio sta esplodendo,
confido in un effetto big bang inverso (bang big? bingo bongo?)
si apre l’universo di possibilità
autunno inverno 2007.

ogni cosa è illuminata

Lo so che periodicamente mi succede, lo sanno quelli che ho accanto.
Recentemente è successo con gli anacardi, con il gelato al pistacchio, con il ciddì dei non voglio che clara, con un paio di scarpe.
Succede che quando una cosa mi piace, MI PIACE. Scala brutalmente la classifica (non c’è il rischio che io non lo dica: è il gelato più buono che io abbia mai mangiato in tutta la mia vita. ad esempio).
E su quella cosa lì divento monotematica, come un violino a una sola corda.
Poi mi passa.
A volte.
A volte no.

E quindi lo so che capita che finisco un libro e per tre giorni dico a tutti:
– che è il libro più bello che io abbia mai letto in tutta la mia vita,
– che appena me lo dimentico lo rileggo,
– che devi assolutamente leggerlo,
– non mi piace consigliare libri ma questa volta ascoltami,
– che tra 40 anni (140?) sarà adottato in terza media come libro di narrativa (al posto di Verga e la casa del nespolo),
-…….

Lo so. Ma questa volta è diverso.
Ogni cosa illuminata, di Jonathan Safran Foer (Guanda, 2002)
è uno dei libri più belli che io abbia letto in tutta la mia luuuuunga vita di carta.

Fa ridere (ma ridere ridere)
Fa piangere (ma piangere piangere)
Fa pensare.
E’ un libro su ebreolandia e sui cattivi;
è un libro d’amore;
è un libro di storia;
è un libro di uomini;
è un perfetto esercizio di stile.

La trama non la scrivo.
Solo questa pagina ricopio:

“I 120 MATRIMONI DI JOSEPH E SARAH L

La giovane coppia si sposò per la prima volta il 5 agosto 1744, quando Joseph aveva appena otto anni e Sarah se, e mise fine al suo matrimonio per la prima volta sei giorni dopo, allorché Joseph, con somma delusione di Sarah, si rifiutò di credere che le stelle fossero unghie d’argento che tenevano appeso al cielo il nero paesaggio notturno.
Si risposarono quattro giorni dopo, quando Joseph lasciò un biglietto sotto la porta dei genitori di Sarah: “Ho riflettuto su quello che mi hai detto e credo veramente che le stelle siano chiodi d’argento”.
Misero di nuovo fine al loro matrimonio un anno dopo, quando Joseph aveva nove anni e Sarah sette, a seguito di una lite sulla natura del letto di Brod [un fiume].
Dopo una settimana si risposarono, stavolta aggiungendo ai loro voti quello di amarsi fino alla morte senza curarsi dell’esistenza di un letto del Brod, della temperatura di quel letto (ammesso che esistesse), e della possibile esistenza di stelle marine sul chissà -se- esistente letto fluviale.
Nei sette anni successivi misero fine al loro matrimonio trentasette volte, e ogni volta risposandosi con un elenco sempre più esteso di voti.
Divorziarono due volte quando Joseph aveva ventidue anni e Sarah venti, quattro volte quando ne avevano rispettivamente venticinque e ventitre, e otto (il record in un anno) quando ne avevano trenta e ventotto.
Al loro ultimo matrimonio contavano sessanta e cinquantotto anni, appena tre settimane prima che Sarah morisse di un attacco di cuore e Joseph si annegasse nella vasca da bagno
Il loro contratto matrimoniale è ancora appeso sopra la porta della casa che dividevano ora si – ora no – inchiodato all’architrave, e giù fino a strusciare contro la stuoia di benvenuto -SHALOM:

E’ con devozione senza fine che noi, Joseph e Sarah L., ci riuniamo nel vincolo indistruttibile del matrimonio, promettendoci amore fino alla morte, con l’intesa che le stelle sono chiodi d’argento nel cielo, a prescindere dall’esistenza di un letto di Brod, della temperatura di tale letto (ammesso che esista), e dalla possibile esistenza di stelle marine sul chissà-se-esistente letto fluviale,
trascurando quei rovesciamenti di succo d’uva che potrabbero essere stati accidentali o non esserlo,
convenendo di dimenticare che joseph giocava a palla – bastone con i suoi amici dopo avere promesso di aiutare Sarah a infilare l’ago per la trapunta che stava cucendo, e che Sarah avrebbe dovuto dare la trapunta a Joseph e non al suo amichetto,
dichiarando irrisori taluni dettagli della storia del carro di Trachim, come per esempio se fu Chana o Hannah la prima che adocchiò gli strani affioramenti,
ignorando la semplice realtà che Joseph russa come un maiale, e neanche dormire accanto a Sarah è un giulebbe.
Sorvolando su certe tendenze di entarmbe le parti a guardare troppo lungo le persone del sesso opposto,
non prendendosela troppo se Joseph è così disordinato che lascia i vestiti ovunque lo punga l’estro di spogliarsi, aspettando che sia Sarah a raccoglierli, pulirli e riporli al loro posto come avrebbe dovuto fare lui,
o se Sarah deve essere una così cazzuta tracciacoglioni sulle questioni più futili,
ad esempio su come va srotolata la carta igienica, o se la cena tarda dieci minuti rispeto all’orario previsto, perché, diciamola, è Joseph che cambia la carta igienica e mette la cena in tavola,
evitando di discutere se la barbabietola sia ortaggio migliore della verza,
accantonando il problema di essere babbei cronicamente irragionevoli, tentando di cancellare il ricordo di un roseto stecchito da tempo che uno di mia conoscenza avrebbe dovuto ricordarsi di innaffiare quando sua moglie andava in visita alla famiglia a Rovno,

accettando il compromesso di ciò che siamo stati, di ciò che siamo, di ciò che probabilmente saremo…
e che possiamo vivere un amore e salute incrollabili,
amen”.

onanismo del blog notes

Tra le tante remote potenzialità di questa piattaforma che tanto gentilmente mi ospita
una mi sta davvero davvero simpatetica:
“Search Terms for 7 days”.
Il signor wordpress giustappunto mi fa settimanalmente un elenco delle parole che le genti hanno digitato sui motori di ricerca per approdare più o meno consapevolmente sul mio blog.
Di talché emerge un simpatico spaccato delle mie cretinerie e della straordinaria stravaganza degli animi umani
[e una grande opportunità autoerotica per il blog itself].

Ecco i risultati, che mi sono permessa di classificare:

IO (grazie):
archiaudaci
archi audaci
pistacchia
archi in gesso
chiatenaccio
“archi audaci”
come montare chiare neve

***

MUSICA E LIBRI (troppa fiducia):
peter pan riassunti
è più forte pan o piccolo?
peter pan e i giardini di kensington
riassunto peter pan e i giardini di kens
pietra di kensington
Anche un uomo sa essere dolcissimo , spe
“tu prova ad avere”
le parole di “lu pisci spada ”
lu pisci spada
modugno pisci
bang bang di colpo lui bang bang si volt
dalida bang bang
biancaneve
Biancaneve e la mela
biancaneve mela
alice e biancaneve
biancaneve e alice
mela biancaneve
silvana mela
biancaneve e alice
rudyard kipling se spiegazione
ANCHE QUESTA NOTTE PASSERà quasimodo
caduto in guerra chi resta citazioni
acqua+merini
merini acqua
colonna sonora gelato al cioccolato
britnei spirs
“amico di cordoba”
servillo l’amico di cordoba
voglio tornare rospo alice
i limoni montale figure retoriche

***

AMENITA’ (e qui volevo arrivare):
sandalini donna
rime con il nome eleonora
il fondotinta fa male?
filastrocca sopra sotto
risposta a una bugia detta con affetto
qualcosa su rana e rospo
iris con la nutella
metafore bistecca fiorentina
cerco fabrica di kajal in italie
brindisi con rima
cassandra troia brucia
contraddizioni di lucrezio
topolina mal di testa
Filastrocche Sopra, sotto
nani negri e donne bionde
come si fanno i palindromi
portiere calcio figure
mac non parte
scarponi anfibi prima guerra mondiale
federer
che fare con i punti in bocca per il den
cosa usare in caso mal di denti fuori ci
in che giorno cambiano l’ora legale con
sono sicura che oggi incontrerò la tua
coppia stronza
fetish del piede della ragazze
cosa mi porterei?
lettere ai figli
quando fanno male i nervi dei piedi
fondotinta tamarri
acconciature facili per ragazze con la f
io non ho paura personi
galatine latte caramella chiamano
cosa fare quando un uomo sagittario non
essere stronza con gli uomini
FIGA
LETTERA SPLEEN
scarpine da neonato come si fanno schema
come si scrive una lettera
porno anni trenta
after eight
fake plastic scilla
posta del cuore
quanto mi sta antipatico
la puzza dei piedi delle donne da
la testa sta uscendo
filastrocche per lavare le mani
donna stronza vuole uomo stronzo
serafini scarpe ginnastica
addominali quanto spuntano
ecuba
tunnel sotto la manica figura
FENOMENOLOGIA DELLE PAROLACCE
torno a casa
fare casa
aforismi sul dormire
comunicazione nutella.

***

Lasciatemi sola,
devo pensare.

chiara in the Skype with diamonds (shine on my crazy)

Quando Beppe saltellando come un Grillo quale esso è
(nomina sunt consequentia rerum)
parlò di skype mi sembrò cosa gagliarda ma non troppo.

Sbagliavo.
Cioè, i tempi non erano maturi.
Adesso invece i minuti posso raccoglierli (prima che cadano dal ramo).
Metterli in un sacchetto e usarli.
Per fare “nessun luogo è lontano” con gli zii d’america
[menomale che l’adolescenza è passata e richard bach con lei,
adesso c’è un solo bach nella mia vita ed è del diciottesimo secolo];
oppure “lontano dagli occhi lontano dal cuore” ma vicini nell’orecchio con le persone oltre manica, oltre pantaloni, oltre gonne
[la lontananza è come il vento, alza su i vestiti, a volte: c’è bisogno di colla del cuore].

mi sento come mi sento quando provo una cosa nuova.
[felicità numero 2]

cerco nell’elenco telefonico d skype.

chi voglio parlare con.
chi non voglio parlare con, ma intanto.
chi mi sono dimenticata di dire una cosa importante che mi sono dimenticata di nuovo ma magari mi torna in mente quando, o forse non era importante.
chi ci siamo persi di vista mi dispiace.
chi ti devo raccontare una cosa incredibile.
chi ti devo chiedere una cosa ma se non vuoi no.
chi che facciamo più tardi.
chi avevo il tuo numero ma ho cambiato il cellulino, ho perso il diario, non mi ricordo il tuo cognome.
chi ti devo chiedere scusa per quello che hai fatto.
chi-ara sono. (che ore sono?)
chi ci siamo sentiti un minuto fa, ma mi manchi.

mica si paga.

e non si paga neanche la dolcezza.

[la dolcezza è il gioiello più bello che una donna possa portare addosso].

Scaippiamo?

per chi ruba i tappini delle ruote

INNAMORARSI

    NON E’

      COME ANDARE

        IN BICICLETTA.

impressioni di settembre

da quanto tempo non mi si inzuppavano i jeans dal basso per colpa della pioggia?
l’acqua sale fino al ginocchio.
l’idea dei sandalini (bagnarsi per bagnarsi, bagnarsi al quadrato, almeno mi asciugo più alla svelta) non è stata particolarmente geniale,
tornata a casa i miei piedi devono drogarsi del caldo della stufa, chè se vanno a letto così freddi
non riescono a riscaldarsi, per la temporanea assenza di io-so-chi dalle notevoli proprietà termiche (sia pure riluttanti).
non mi inzuppavano così da quattro mesi circa?
me l’ero dimenticato?
davvero pensavo che l’estate sarebbe durata per sempre e un anno non sarebbe andato via e non sarei diventata grande? [odio il condizionale]

la puzza della pioggia entra dalla finestra chiusa:
centotredici variazioni di odori di pioggia:
odore dei piedi bagnati di un cane bagnato ancorchè scodinzolante.
odore della terra bagnata.
odore di aria bagnata.
odore di ombrello.
odore di minestra.
odore di giornale inzuppato.
odore di nostalgia di sole.
odore di ruota di bicicletta.
odore di sapone rimasto silenzioso su una macchina fino a quando.
odore di muschio.
odore di scarpe chiuse.
odore di umore.
odore di umori.
odore di panchina.
gli altri centonove odori li avevo scritti, ma la pioggia mi ha bagnato il foglio.

odore di impressioni di settembre.
centotredici impressioni di settembre.
l’impressione di non essere pronti a cominciare.
l’impressione di avere proprio voglia di cominciare.
l’impressione di essere stanchi.
l’impressione di essere vivi.
l’impressione che avrebbe più senso festeggiare capodanno il 17 settembre.
l’impressione che il 29 settembre rimarrai seduto in quel caffè a non pensare a me.
l’impressione di non sapersi vestire.
l’impressione di non volersi vestire.
l’impressione non mi ami più.
l’impressione non ti amo più.
l’impressione e invece si.
l’impressione che è finito tutto.
l’impressione che tutto sarà lavato via.
l’impressione e allora?
l’impressione di essere sfuocati.
l’impressione di vedere sfuocato.
l’impressione di vedere attraverso lo zucchero filato, come ha detto.
l’impressione di essere zucchero filato.
l’impressione di essere una bustina di qualcosa. disciolta.
l’impressione di essere dissolta.
l’impressione cinque minuti.
l’impressione di avere delle impressioni.
l’impressione di non avere più impressioni.

le altre novanta impressioni le avevo scritte, ma la pioggia mi ha bagnato il foglio.

alzo il volume, p.f.m.:

“Quante gocce di rugiada intorno a me
cerco il sole, ma non c’è.
Dorme ancora la campagna, forse no,
è sveglia, mi guarda, non so.
Già l’odor di terra, odor di grano
sale adagio verso me,
e la vita nel mio petto batte piano,
respiro la nebbia, penso a te.
Quanto verde tutto intorno, e ancor più in là
sembra quasi un mare d’erba,
e leggero il mio pensiero vola e va
ho quasi paura che si perda…”

superman & superemenems

la vita è troppo colorata per essere tra-scritta,
o la vita è troppo colorata per NON essere tra-scritta?
salto in lungo ogni metafora vita – busta – sorpresa – non sai mai cosa ti capita.
nondimeno al cinema quando sono particolarmente felice o particolarmente triste io mangio le emenems alle arachidi.
(pacco giallo. quello grande. più grande non c’è? allora quello grande. bè due. siamo due no? mica penserà che vado al cinema da sola, lei è proprio un gaspare e buzzurro).
del resto non fanno ingrassare: le noccioline non valgono frutta secca, bensì verdura, anzi legumi.
che poi anche se fossero frutta secca non farebbero ingrassare, posto che la frutta fa bene e la frutta secca è frutta senza acqua.
anzi, la frutta secca senza acqua previene la ritensione idrica e quindi snellisce.
avrei dovuto fare il nutrizionista, tse.

dicevo, al cinema.
poi faccio (facciamo) il toto emenems. (dovrei scrivere M&M’s? ok).
tipo: se indovini di che colore è (a seconda dei casi):
a) quella cosa andrà bene;
b) staremo insieme per sempre;
c) la bua passerà;
d) l’italia vincerà i mondiali;
e) ecc. ecc.. salute.
se il tema mi è particolarmente caro, baro.
una emenem nella mano destra, una nella sinistra, così le scians aumentano.
(sbrigati però ad indovinare che mi si incioccolatano le mani).

giustappunto tutto questo accadeva ieri sera.
avremmo dovuto vedere il film x, ma non c’era più posto.
ergo abbiamo optato per il film y.

SUPERMAN RETURNS.
(mi domando se superman che ritorna abbia incontrato batman begins, ma in fondo non mi importa poi molto).
mi piace talmente tanto il cinema francese lento e pesante che posso guardare anche i film cazzoni, io.
per inciso.
che poi se uno va a vedere superman e trova superman che salva il mondo e si vaccina contro la kriptonite, l’ordine delle cose è salvo.
il problema è se vai a vedere chessoio la ragazza sul ponte e mentre lei si sta suicidando spunta superman che la salva, che è un pò fuori tema.
oppure se vai a vedere superman e ti scappa il monologo sulla inutilità irreversibile del tempo.
mi sono spiegata?
semmai mi stiro (e mi ammiro).
tutto questo per dire che superman returns ha preso voto quattro e due terzi.
ma pienamente meritati, perchè ha raggiunto il suo obiettivo.

non faccio nessun riassunto perchè una recensione non deve raccontare nulla, sennò toglie la saspans.
mi limiterò a tre considerazioni sparse ed arse, come un meriggiare pallido e assorto.
a) superman è politicamente ignavo.
è indeciso tra fascismo e comunismo, posto che vola con il braccio destro teso in avanti ma con il pugno chiuso.
è forse la provola che la giustizia e la verità sono fuori dalla politica?
malamente.
b) il solito dubbio che affligge tutti i supereroi, da paperinik a wonder woman passando dal via e ritirando un calcio invisibile:
non è possibile che nessuno li riconosca.
cioè che nessuno si accorga che clark che fa il clerck è uguale a superman.
sono uguali.
domani mi metto un pò di brillantina, mi tolgo gli occhiali (che in realtà non ho), indosso una tutina azzurra e mi butto dal secondo piano. chissà se si accorgono che sono io.
c) perchè se tre persone si stanno inabissando dentro una barca che affonda, superman tira fuori tutta la barca (che è un rifiuto assai grosso da smaltire) anzichè i tre tizi e basta?
fine.

anticipo la puntata numero dopo di superman.
chi non ha visto il film e lo vuole vedere smettesse di leggere che si rovina la sorpresa.
eccomi.
superman ha un baby figlio.
con somma commozione celebrale questo è il risultato del film (confesso, una piccola lacrimuccia l’ho versata. ma l’amore è amore, mica brodo di ceci).
nella prossima puntata superman jr. diventerà cattivo
(perchè non avrà saputo metabolizzare il disinteressamento paterno).
e ci sarà scontro titanico tra i due mantellini.
come finirà?
se viene fuori la emenem rossa vince superman,
se viene fuori quella gialla il figlio.

la vita è poprio una briosc.

Pensiero buk: I giardini di Kensington, Fresàn Rodrigo, Milano, 2006.

“Comincia con un bambino che non è mai stato adulto e finisce con un adulto che non è mai stato bambino.
Una cosa del genere.
o meglio: comincia con un suicidio adulto e una morte bambina, e finisce con una morte bambina e un suicidio adulto.
O con molte morti e molti suicidi a età variabili.
Non ne sono sicuro. Non importa”.

Questo libro mi piace perchè è scritto come io (ogni tanto) scrivo.
Questo libro mi piace perchè è scritto come io (sempre) penso (non cosa, ma come).
Questo libro mi piace perchè a pagina due già sentivo la tristezza per quando sarebbe finito
(vivaddddio è successo a pagina quattrocentotrentotto).
Questo libro è di quelli che mi porterei sulla famosa isola deserta. O sulla torre. O sull’astronave. A ritorno al futuro diciotto. O a jurassic park.

Questo libro mi piace perchè parla di PETER PAN.
E’ una biografia non autorizzata di BARRIE, il papà di pietro pane, infatti.
PETER HOOK è il parlatore e il parlAttore del libro. E’ autore di romanzi per ragazzi che hanno come protagonista un bambino che viaggia nel tempo (JIM YANG). Nel libro, racconta a un bambino la vita di Barrie.
Ma le quattro storie si intrecciano o si incartano o si avvolgono:
Peter Hook autoracconta la sua vita di scrittore sentimentalmente formato nella londra swing-anante degli anni sessanta (e saltellano fuori il cubo di kubrick, twiggy, dylan bob, i beatles);
allo stesso tempo racconta la vita di Barrie nella londra vittoriana di fine ottocento.
Racconta di Peter Pan che, si sa, è il bambino che non vuole diventare grande,
e insieme e viceversa racconta di Jim Yang (il suo protagonista) che scorribanda nel tempo, è bloccato nei libri e finisce col non crescere mai, suo malgrado.

In ogni caso, sono sorie della resistenza anarchica e disperata, passionale e apocalittica al primo ordine:
quello del tempo.
E’ un romanzo Gotico – Pop, se solo sapessi esattamente quello che vuol dire.
Meglio, è un romanzo Gotico – Punk.
E’ un frullato di borges e joyce con i sex pistols vestiti optical.

Questo libro mi piace così tanto che alle prime dieci telefonate ne regalo una copia autografata.
Da me.
Per tutti gli altri, al solito ricopioeincollo.
Le parte con le orecchiette segnate perchè mi piaceva la pagina sono tante. Più che un libro sembra un elefante. O un bambino con gli orecchioni.

Adesso apro tre volte random. Che poi è lo stesso metodo scientifico col quale alla feltrinelli scelgo qualsiasi libro. Cartesio apprezzerebbe.

“Mi sono sempre piaciute le biciclette. Quella strana aria da invenzione semplice e, al tempo stesso, sofisticata. La bicicletta è una macchina di metallo e carne; trazione umana e velocità di cromo. La bicicletta e l’uomo costituiscono una delle associazioni più giuste e democratiche che siano mai state formate. Non dirò nulla delle sottospecie degenerate, salvo le motociclette che sono biciclette de facto e le cyclette sono biciclette frigide e i tricicli sono biciclette nane e i monopattini, beh, esiste forse qualcosa di più idiota di un monopattino?”

***

“L’infanzia è un’invenzione degli adulti. L’infanzia può essere apprezzata solo in età matura, così come tutti i libri per l’infanzia, i quali altro non sono che esercizi più o meno disperati della nostalgia e della vendetta. A proposito, sarebbe bello fabbricare tutta una serie di scrittori bambini, che scrivono classici per l’infanzia fra i 5 e i 6 anni di età. Pagine autentiche e non falsificate; storie che ci raccontino, dal tempo esatto e dallo spazio giusto, la sensazione precisa dei fine settimana, l’epifania dei compleanni, il terrore per la caduta dei denti di latte o per aver bagnato il letto al buio, il dolore epico delle prime ferite, la differenza inconciliabile fra quelle due dimensioni che sono l’inverno e l’estate”.

***

“Così Barrie, mio padre ed io camminiamo per gli stessi luoghi, uniti per sempre in un continuum nel quale possono ritrovarsi vittoriani, rocker e millenaristi riuniti sotto uno stesso sole a recitare la solita solfa:
“Era il periodo più bello, era il periodo più brutto, era l’età della saggezza, era l’età della stupidità, era il momento di credere, era il momento dell’incredulità, era la stagione della Luce, era la stagione dell’Ombra, era una primavera di speranza, era un inverno di disperazione, avevamo tutto davanti a noi, non avevamo niente dietro di noi, andavamo dritti in Paradiso, andavamo da tutt’altra parte…”
In qualsiasi momento, allora, ora e per sempre, siamo tutti LOST BOYS, bambini perduti che possono ritrovarsi soltanto nei sentieri serpeggianti dei Giardini di Kensington.
Andiamoci.”

la posta del Cuore (3)


cara chiara,
ho un dubbio amletico, che mi tiene sveglia di giorno, così la notte posso dormire.
è meglio essere stronza e avere un uomo troppo buono, o essere troppo buona e avere un uomo stronzo?
la cosa mi interessa, ma non troppo.
le mie indecisioni mi consentono di vivere con serenità.
ma forse è tempo che qualcuno mi dica ciò che è giusto.
quel qualcuno sei tu.
le tue nuove ballerine verde salvia sono meravigliose.
grazie,
F.

*********************************************************

Cara Effe,
dai tuoi toni ho ragione di ritenere che tu ti chiami Foglia, e stai come d’autunno sull’albero.
ma io ho sempre ragione di ritenere che ho sempre ragione, e ti offro un puntuale responso.
Vedo che la cacofonia dell’incipit non abbandona i miei assidui lettori.
A questo punto perchè non osate un “Cara Chiara ChiarAracnide ChiArnosa”? Lo apprezzerei come una tegola sulla testa mentre piove e tira vento.
Chiusa la parentesi che non avevo aperto.

Vedo che ti sei scontrata con la dura legge del cuore.
Dura lex sed lex, dicevano gli antichi greci.
Ma fatta la legge trovato l’inganno, dicevano gli antichi aborigeni dell’australia dell’ovest.
(hai mai visto un tramonto sul mare dell’australia dell’ovest? io no. anche perchè faccio confusione tra sollevante, gobba a ponente e luna crescente. ma questo è un altro paio di maniche. sei mai stata nel tunnel sotto la manica? io no).

La dura legge del cuore è che la coppia vive una fase iniziale di fisiologico equilibrio.
tale equilibrio è fatto di due ruoli squilibrati. che essendo esattamente opposti, si equilibrano (e si attraggono anche).
Uno fa lo stronzo, Una fa la buona. O versa vice.
(in questo spazio qualcuno potrà scrivere che è una banalità che scrivo perchè ho vissuto delle profonde delusioni d’amore).
(in questo spazio replico: non è una banalità, ma è frutto dell’attenta osservazione empirica dal basso del mio empireo state building.
non ho vissuto delle profonde delusioni d’amore, io: altrimenti non sarei qui a dispensare perle di saggezza e non sarei così farfallamente felice).

il punto è: controllare il naturale equilibrio che nasce dallo squilibrio degli opposti
per
sostituirlo q.p. (=quanto prima) con un fisiologico sempiterno equilibrio che nasce dall’equilibrio dei diversi.
come realizzare questo passaggio senza ombre e senza (troppi) dolori?

ipotesi a) ti innamori di uno stronzo.
è questa l’ipotesi più difficile da gestire, in apparenza.
devi accettare il ruolo di buona.
per un periodo di tempo determinato, molto determinato.
appena prossima alla saturazione, prima che la tua autostima sia irreversibilmente danneggiata,
ma quando lo stronzo ha avuto modo di apprezzare (sia pure senza consapevolezza) le tue quality street (come le caramelle),
entra in una specie di silenzio stampa.
cioè tiratela.
per un periodo di tempo determinato, molto determinato.
subito prima che lui arrivi alla soglia della saturazione, prima che la sua autostima sia irreversibilmente danneggiata, ma quando tu sei pienamente consapevole delle sue quality street (come le caramelle),
torna dolce.
a questo punto, ognuno ha avuto modo di conoscere both sides of story, come direbbe filippo collina, e siete pronti per ripartire felici e fondenti.

ipotesi b) sei una stronza e un buono si innamora di te.
questa è la vera ipotesi difficile da gestire, contro l’apparenza.
perchè se lui non ha letto la posta del cuore e non è in grado di attuare il piano a),
il rapporto si logora nel suo squilibrio perchè tu perdi ogni stima nello zerbino o perchè lo zerbino si satura e ti manda legittimamente nel paese di puzzolandia.
e tu non ci puoi fare niente.

esistono forse ipotesi mediamente equilibrate,
del buono che si innamora della buona e vivono per tutta la vita annoiati e contenti,
o dello stronzo che si innamora della stronza e vivono per tutta la vita innamorati e gastritici.
si tratta però di ipotesi senza dialettica e senza sintesi di cui il mio animo votato alla contraddizione non può che disinteressarsi.

la combinazione del piano a con il piano b, per quanto mi riguarda…..
… per quanto mi riguarda sono un pò fatti nostri.
la fortuna aiuta gli (archi) audaci.

§
quanto alle ballerine:
devo riconoscere che sono davvero meravigliose.
quando le ho comprate dal mio scarparo preferito, magli bruno,
la mia signorina in blu preferita ha insistito per darmi un certificato sull’animale dal quale esse medesime provenivano.
questo mi ha gettato nello sconforto animalista più totale.
ma ormai che avevo pagato, e che sono così belle, cosa avrei potuto fare?
di certo non credo che nessuno mi chieda di esibire il suddetto pis of peipar.

§
con affetto reciproco (quello che ti do me lo riprendo)
chiara.

l’amico di cordoba


non sono mai stata a cordoba.
e invece ieri sera sono stata in piazza della passera.
la dottrina sul nome è divisa (come la riga tra i miei capelli. ieri sono andata a tagliare le doppiepunte salate e assolate dall’agosto):
taluni narrano di un antico bAr-dello; talaltri alla forma della piazza vista dall’alto (con tutta la mia immaginAzione non riesco però a vedere il becco e le zampine, ma bisognerà consultare gugolert a proposito).
nondimeno, nella piazza suddetta mi è Servillo fare un Girotto e bere distillato di (mangala)Vite.
cioè, servillo girotto mangalavite pianofortavano sassofonavano e cantavano l’amico di cordoba.
c’era tanta tanta gente e si stava a dritta.
c’era tanta gente e un dolce brusio di finestate.
che sei all-aperto e un pò perchè è gratis sembra che tutti si siano fermati per caso a sentire tre personi che suonano in un angolo.
che hai un bicchiere di vino in mano che non l’hai proprio rubato, solo preso in prestito, e ti viene voglia di alimentare il brusio di finestate.
insomma c’era tanta gente tutti un pò brusianti.
quindi non capisco perchè una signora (di quelle un pò grasse cheppperò si mettono le magliette tra-sparenti, non che ognuno non abbia il diritto di vestirsi come gli pare, ma ognuno dovrebbe valorizzarsi, insomma) mi ha apostrofato.
no, non mi ha apostrofato. che se uno ti apostrofa non dovresti neanche sentirlo, perchè l’apostrofo da solo non fa rumore. piuttosto le virgolette, che almeno sono due.
non mi ha apostrofato, ma mi ha detto (tra virgolette tintinnanti): “sei peggio di una zanzara, stai un pò zitta”.
che poi stavo anche dicendo una cosa pertinente sul sax tenore (era tenore?) che faceva vuelvo al sur.
che poi parlavano tutti e io partecipavo di questo sentimento universale con un afflato mistico.
no, non avevo un afflato mistico, ero un pò brilla.
e io le ho dato un pizzicotto, come una zanzara, che io colla zanzara ci faccio anche rima.
no, non lo dato un pizzicotto, le ho mandato un apostrofo molto silenzioso sulla sua maglietta trasparente.

troppa dolcezza per essere acidi. (aperta e chiusa parantesi, hai visto mai).
e qui mi volevo, all’amico di cordoba.
che è davvero CalDolce.
i miei tasti non sono abbastanza onomatopeici per riassumere il sassofono, che dire che sa di sasso è ossimoroso, e il pianoforte che sa fare il temperato come la finestate.
più dell’insulina arrimoddro (dotto, siciliano per: mi ammorbidisco, mi ammollisco, ma in quella dimensione tutta strutta dei biscotti plasmon su un passeggino di finestate),
arrimmoddro (pron.: arrimoggio) per le liriche seguenti:
novedad,
vuelvo al sur,
ninna nanna del gra,
che senso ha
e soprattutto a prima di te.

prima di te la devo proprio ricopiare perchè su gugle non l’ho trovata mica e allora partecipazione alla crescita della ragnatela universale (non sia mai che un extraterrestre decida di portarla via, eugeniamente).

PRIMA DI TE:
“scegliersi
che in fondo è un pò anche riconoscersi
tutti quei no ma sarai mia
è una mia fantasia
che poi mi fa da spia
e porta un poco a sporgersi
però riuscire pure a reggersi
tutti quei no che sono si
la solita mania di fare casa mia
negli occhi dove perdermi
io voglio ancora perdermi
e dimentico di me le cose che ho avuto dalla vita
prima di perdersi
per poi riuscire a ricongiungersi
facendo finta che ci sia
la voglia di andar via
ognuno a casa sua
per poi tornare a crederci
diversi eppure somigliandoci
tutti quei non che sono si
la solita mania di fare casa mia
negli occhi dove perdermi
io voglio ancora perdermi
e dimentico di me
le cose che ho avuto dalla vita
prima di me”

un pò mi ero fatta convincere che la bellezza salverà il mondo.
mi sbagliavo,
è la dolcezza.
e la dolcezza è la grande selezione naturale della felicità.
darwin non aveva capito una doppiazzeta.

infatti javier servillo mi ha dedicato una canzone.
no, non è vero, mi ha autografato il ciddì, ma “con mucho afecto”.

disìo (e acque salate).

è stata bagnata, l’estate. senza giochi di parole sull’estate che sta, che sta stando, sui cartelloni.
non solo di mare e di vino e di benzina, che i chiMoletri sono stati tanti.
i fluidi forse sono tutti essenziali, ma alcuni sono irrimediabili e davvero troppo salati.
non posso permettermi di fare l’autobloggrafica hic et nunc:
da sola rischio di perdere il grande batuffolo di bambagia che mi ha insegnato ad addolcire la tristezza,
e del quale sono davvero davvero grata. soprattutto a tre persone, e cominciano tutte per g.
 
mi diluisco allora nella scoperta romanzesca dell’agosto del sei.

per la quale ringrazio il volatore, che portandomi a cena in un posto chiamato Disìo, me ne ha parlato
sicuro che non lo stessi ascoltando. infatti non lo stavo ascoltando.
solo che quando nell’unica libbreria di marsala (e coll’occasione, ringrazio il libbraro, che tanta parte ha avuto in tante cose),
 dove i libri stanno ammucchiati senza ordine apparente come in un
racconto di nin anais, un libro, quel libro, mi è caduto sul piede, mi sono ricordata, una sovvenienza leopardiana,
dell’indicazione preziosa. – del resto il volatore è solito gettare cose nel mio orticello sperando che prima o poi
si allarghi: basta un acquazzone caldo, un melllone che esplode, una ragione che la ragione non conosce.
 
giustappunto, grasso silvana, disìo, rizzoli duemilacinque.
non sono abbastanza per parlare di lei, di disìò (che nell’elenco di libri letti nel sei nel mio diario segreto ha preso ben nove decimi),
delle altre due cose sue di lei che ho letto (il bastardo di mautàna, voto otto; ninna nanna del lupo, voto sette).
sono abbastanza per ricopincollare questa paginetta,
che chi ha occhi per intendere intendesse, chi ha voglia di leggerlo leggesse.
(disìo è siciliano. tradurlo con desiderio, voglia, bramosia è davvero poco.
come dire che un riccio è un echinoderma).
 
"Cosa andavo a fare in Sicilia? Non avevo una risposta, non c’era una risposta,
non nel senso comune d’una ragionata esposizione di motivi ed obiettivi.
Era stato un fatto di viscere, un terremoto di sangue che pazziava nel mio corpo,
un purtùso nella bocca dell’anima, una lama che mi tagliava in due,
da una parte il tronco, dall’altra il bacino e le gambe
come nei giochi degli illusionisti che estasiano il pubblico in una fiera di paese e lo fanno restare a boccaperta.
Ma non era fiera di giocolieri, per quanto non ci fosse una sola stizza di sangue,
per quanto non fossi stramazzata a terra,
sulle basole di pietra nera di fronte alla stazione, aspettando il regionale delle 8.10 per Catania.
 
Perchè tornavo in Sicilia?
Una vocazione forse, ma più una perdizione più una maledizione.
Un fossile mitologico, un mostro, che resuscitava a nuova vita, uno spasimo dell’anima, o un’epilessia della ragione.
Cos’altro? Mi risucchiava, nonostante la mia armatura, lo scirocco della mezzacosta, nel suo immobile vortice d’aria,
lo stesso scirocco che da millenni risucchiava inermi naviganti, ignari del fato di morte,
e li anniàva per l’onde frustrate di Scilla e Cariddi".
 
Ps. ho tante cose da raccontare.

comunicazione di disservizio.

avevo un altro blog notes: http://chiaradavola.spaces.live.com

poi il signor gates bill o chipperlui ha deciso di cambiare piattaforma (petrolifera). la sua irresistibile tendenza al monopolio lo ha indotto ad escludere i sistemi operativi diversi da uindovs dall’accesso ai blog spaces. o, meglio, usando un sistema diverso è possibile accedere ai suoi blog, ma non immettere cose, cioè post (it).

non voglio fare la beppegrillina.

nondimeno, siccome avere un blog e non poterci scrivere niente è come avere un barattolo di nutella e non poterlo aprire,un tubbbino di ermééés e non potrelo indossare, l’altra metà della mela e non poterla sbucciare,una barcaavvvela in montagna, insomma ci siamo capitolati…

sarebbe inutile e triste come la famosa birra senza il famoso alcool,

e siccome altresì io uso i mac,

e anche se mi è dispiaciuto tanto lasciare l’ex blog (perchè sono nostalgica, ma non per questo monarchica)

è più facile cambiare blog che compiuter.

(non mi fate sentire in colpa. lo so che le colpe dei genitori non ricadono sui figli, a volte però si).

insomma, per farla brè.

insomma, per farla bre-ve:

mi sono trasferita, e adesso sto qui.

ho ricopiato tutti i miei postini.

non so come fare per i commenti.

ad ogni moto perpetuo, l’altro blog resta là, (postibus sic stantibus) e poi si vedrà.

c.

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