non sono mai stata a cordoba.
e invece ieri sera sono stata in piazza della passera.
la dottrina sul nome è divisa (come la riga tra i miei capelli. ieri sono andata a tagliare le doppiepunte salate e assolate dall’agosto):
taluni narrano di un antico bAr-dello; talaltri alla forma della piazza vista dall’alto (con tutta la mia immaginAzione non riesco però a vedere il becco e le zampine, ma bisognerà consultare gugolert a proposito).
nondimeno, nella piazza suddetta mi è Servillo fare un Girotto e bere distillato di (mangala)Vite.
cioè, servillo girotto mangalavite pianofortavano sassofonavano e cantavano l’amico di cordoba.
c’era tanta tanta gente e si stava a dritta.
c’era tanta gente e un dolce brusio di finestate.
che sei all-aperto e un pò perchè è gratis sembra che tutti si siano fermati per caso a sentire tre personi che suonano in un angolo.
che hai un bicchiere di vino in mano che non l’hai proprio rubato, solo preso in prestito, e ti viene voglia di alimentare il brusio di finestate.
insomma c’era tanta gente tutti un pò brusianti.
quindi non capisco perchè una signora (di quelle un pò grasse cheppperò si mettono le magliette tra-sparenti, non che ognuno non abbia il diritto di vestirsi come gli pare, ma ognuno dovrebbe valorizzarsi, insomma) mi ha apostrofato.
no, non mi ha apostrofato. che se uno ti apostrofa non dovresti neanche sentirlo, perchè l’apostrofo da solo non fa rumore. piuttosto le virgolette, che almeno sono due.
non mi ha apostrofato, ma mi ha detto (tra virgolette tintinnanti): “sei peggio di una zanzara, stai un pò zitta”.
che poi stavo anche dicendo una cosa pertinente sul sax tenore (era tenore?) che faceva vuelvo al sur.
che poi parlavano tutti e io partecipavo di questo sentimento universale con un afflato mistico.
no, non avevo un afflato mistico, ero un pò brilla.
e io le ho dato un pizzicotto, come una zanzara, che io colla zanzara ci faccio anche rima.
no, non lo dato un pizzicotto, le ho mandato un apostrofo molto silenzioso sulla sua maglietta trasparente.
troppa dolcezza per essere acidi. (aperta e chiusa parantesi, hai visto mai).
e qui mi volevo, all’amico di cordoba.
che è davvero CalDolce.
i miei tasti non sono abbastanza onomatopeici per riassumere il sassofono, che dire che sa di sasso è ossimoroso, e il pianoforte che sa fare il temperato come la finestate.
più dell’insulina arrimoddro (dotto, siciliano per: mi ammorbidisco, mi ammollisco, ma in quella dimensione tutta strutta dei biscotti plasmon su un passeggino di finestate),
arrimmoddro (pron.: arrimoggio) per le liriche seguenti:
novedad,
vuelvo al sur,
ninna nanna del gra,
che senso ha
e soprattutto a prima di te.
prima di te la devo proprio ricopiare perchè su gugle non l’ho trovata mica e allora partecipazione alla crescita della ragnatela universale (non sia mai che un extraterrestre decida di portarla via, eugeniamente).
PRIMA DI TE:
“scegliersi
che in fondo è un pò anche riconoscersi
tutti quei no ma sarai mia
è una mia fantasia
che poi mi fa da spia
e porta un poco a sporgersi
però riuscire pure a reggersi
tutti quei no che sono si
la solita mania di fare casa mia
negli occhi dove perdermi
io voglio ancora perdermi
e dimentico di me le cose che ho avuto dalla vita
prima di perdersi
per poi riuscire a ricongiungersi
facendo finta che ci sia
la voglia di andar via
ognuno a casa sua
per poi tornare a crederci
diversi eppure somigliandoci
tutti quei non che sono si
la solita mania di fare casa mia
negli occhi dove perdermi
io voglio ancora perdermi
e dimentico di me
le cose che ho avuto dalla vita
prima di me”
un pò mi ero fatta convincere che la bellezza salverà il mondo.
mi sbagliavo,
è la dolcezza.
e la dolcezza è la grande selezione naturale della felicità.
darwin non aveva capito una doppiazzeta.
infatti javier servillo mi ha dedicato una canzone.
no, non è vero, mi ha autografato il ciddì, ma “con mucho afecto”.