parto
per
ponte (ponente, ponte pi).
tornerò su questa sponda.
(siediti e aspetta).
parto
per
ponte (ponente, ponte pi).
tornerò su questa sponda.
(siediti e aspetta).
ci sono cose che una brava signorina di belle speranze non dovrebbe fare.
ad esempio
tornare a casa dopo enne spriz con le amiche
i jeans le ballerine e la giacca di velluto a costine
E
spalmare la maionese
su enne fette biscottate wasa da 18 calorie cadauna (speriamo che si tenga).
non è per fame.
ma è inspiegabilmente coreografico.
remissiva
aspetto
il brufolo.
lasciando stare il trascendente,
stamattina credo un pò a tutto.
stamattina credo più di tutto:
nella mia carta del cielo.
negli arcani maggiori.
che la nutella mi mette allegria.
che il vino rosso mi fa venire gli occhi lucidi anche se non piango, al secondo bicchiere.
che il sesso toglie il mal di testa, e il mal di testa non può essere una scusa.
credo all’amore a prima vista.
credo all’amore a scoppio ritardato.
credo nell’amore a scoppio.
credo nell’amore per sempre. a volte.
credo che l’amore a volte è per sempre o a volte credo che l’amore è per sempre, a volte?
a volte, altre volte no.
però credo solo alle misure intere.
e quindi credo nelle rivoluzioni.
e anche nel sovversivo.
per questo in questa calda mattina di autunno,
tanto calda che se non ci fosse il cal(d)endario
qualcuno potrebbe pensare di essere in primavera
per questo
mi faccio un ChiaraoChi di una canzone,
AfterHours.
ricantata da Mina.
ricantata da me:
“Lei è qua, falsità come, radioattività
Che mentre c’è da osare
Uccide lo spettacolo carnale
E l’anima brucia più di quanto illumini
Ma è un addestramento mentre attendo
Che io m’accorga che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c’è torto o ragione
E’ il naturale processo di eliminazione
Forse se, forse se, porta ad esitare
Io vengo dall’errore, uno solo
Del tutto inadatto al volo
E anche se vedo il buio, così chiaramente
Io penso la bugia affascinante
E non mi accorgo che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c’è torto o ragione
E’ il naturale processo di eliminazione
Lei è qua, lei è qua come, radioattività
Che mentre c’è da osare,
Uccide lo spettacolo carnale
Cinque pianeti, tutti nel tuo segno
Il fallimento è un grembo e io ti attendo
Mentre ti scordi che puoi respirare
Che sono il sovversivo
Tuo sovversivo amore
Non c’è torto o ragione
E’ il naturale processo di eliminazione”
ps. anche io ho 5 pianeti (4 e un asteroide) nel mio segno….
a volte quando dico che la fotografia di un film è bellissima,
intendo che il film è lento e noioso.
a volte.
altre volte la fotografia di un film è bellissima e il film è una grappa di poesia.
un distillato di emozione trasparente.
la trama? che ve la dico a fare, quando si trova su un qualsiasi trovacinemaPUNTOqualcosa e fatta meglio.
vabbè poco poco.
prime emigrazioni dal sud italia.
la famiglia di salvatore mancuso muove da petralia sottana (palermo) verso l’america.
si racconta della decisione di partire.
del viaggio.
della quarantena appena arrivati e delle visite di idoneità.
[ma in fondo cosa succede di diverso oggi? aperto e chiuso pensiero poLLitico].
e poi?
le facce.
il siciliano con i sottotitoli per i non terroni.
gli (s)colori.
e questa essenza di sicilianitudine in esse: superstizione e speranza.
(e poi l’orgoglio senza pregiudizio e la semplicità senza stupidità)
ma non ne posso parlare, io. sono di parte.
solo un paio chicche.
(non sono molto precise, ma non mi è stato possibile fare le orecchiette sulla pellicola per fermare i punti).
– le scarpe. per andare in america ci volgiono le scarpe. ma le scarpe devono essere usate solo quando vedono la strada.
– sulla nave per l’america, momento festoso. con i tamburelli parte “amuri amuri” (amuri chi m’hai fattu fari, fari m’hai fattu ‘na granni pazzia..) e su quella si innestano (o innescano? o insettano?) l’avemmmaria e il padrennnostro.
– le visioni surreali di mancuso salvatore, nuotare nel latte e aggrapparsi a una carota gigante.
– una donna chiede a mancuso salvatore di sposarla per potere entrare nel nuovo mondo, e precisa che non è per amore. e lui le risponde: certo, manco ci canuscemo. per queste cose ci vuole tempo.
– “quando lo vediamo Luciano?” Luciano? l’oceano……
io non mi cambierei con (molte) altre donne.
non che mi senta bellissima e pazzeschissima.
è che mi sono affezionata a me.
e mi sono anche affezionata a quelli che si sono affezionati a me, non vorrei proprio perdermeli.
nondimeno con due donne mi s-cambierei.
al numero due direi thurman uma.
al numero uno dico audrey hepburn.
all’inizio per il viso o per i modi o i moti o lo stile Givenchy.
poi per la sua interpretazione della prostituta di capote: holly che annebbia le paturnie mangiucchiando davanti alla vetrina di tiffany.
poi per il suo modo di rompere le uova e bruciare il soufflè per amore in sabrina.
e ovviamente per il suo modo di sedere in vespa con peck gregory
[qui c’è una dedica a matilda, la vespa più bella del mondo].
ma
adesso che ho letto la sua biografia
(Audrey Hepburn, di Donald Spoto, Frassinelli ed., 2006, 18 euri)
adesso che ho letto la sua biografia mi ci scambierei di più.
perchè è tutto quello che sembra.
perchè fumava tantissimo.
perchè sfarvallava ma cercava l’amorissimo.
perchè era incline alla depressione.
perchè avrebbe voluto un pò più di papà.
e perchè (dalle orecchiete che ho fatto):
1) “Quando ero piccola, creavo imbarazzo a mia madre cercando di prendere i neonati dalle carrozzine, per strada o al mercato. L’unica cosa che sognavo era di avere dei figli tutti miei. Si riduce tutto alla stessa cosa nella vita: non solo ricevere amore, ma desiderare disperatamente di darlo”.
2) Disse che il suo guardaroba era molto semplice: vestiti ampi e morbidi, oppure pantaloni e maglioni. I suoi orecchini preferiti erano delle semplici piccole perle, e il suo trucco richiedeva solo un minuto. “Ma il colore della mia pelle è un pò indefinito, quindi prefersco vestirmi di nero, bianco o con colori tenui come il beige, il rosa e il verde, ma chiari. Queste tinte fanno sembrare i miei occhi e i miei capelli più scuri, mentre i colori accesi sono troppo forti su di me e tendono a sbiadirmi”. “Sono piuttosto alta e spigolosa, quindi non uso spalline e spesso inganno con i giromanica e i colletti per dare l’illusione di avere le spalle strette. Calzo sempre scarpe senza tacco per dare l’impressione di essere più bassa di quello che sono”.
3)”Invecchiare non mi preoccupa, ma la solitudine si”.
Soprattutto questo.
Perchè forse che forse che forse che forse
ogni io specifico
ha bisogno di modelli che lo facciano sentire normale.
Ps.
Two drifters
Off to see the world
There’s such a lot of world
To see…
[MA]
Wherever you’re going
I’m going your way…
[E ANCHE QUESTA è UNA DEDIchia].
{settimana pesante oltre ogni forza di gravità, e piove}
a volte essere donna è davvero faticoso.
per fortuna basta passare in profumeria per cambiare idea.
{rieccomi}.
a marsala sono tornata, a parlare come yoda, a fare un pò di mare d’inverno
come direbbe ruggeri enrico (il mare d’inverno è un concetto che il pensiero non considera, il mare d’inverno è qualcosa che nessuno mai desidera),
anche se ruggeri enrico non è che mi faccia impazzire,
anche se in sicilia l’inverno è solo un autunno colle giornate più corte,
e anche se l’otto ottobre l’inverno è solo un imbucato alla festa delle foglie.
a marsala sono tornata, senza chiederVi il permesso, e senza lasciare un dlin dlon con una mascherina per l’ossigeno automaticamente disponibile, da indossare e respirare normalmente.
adesso sono tornata a firenze dall’essere tornata a marsala.
noi cuspidi in esilio abbiamo seri problemi ad utilizzare il verbo tornare:
chi la decide la direzione? il cuore? la carta d’identità? la longitudine e la latitudine? salire e scendere?
forse se avesse avuto ragione tolomeo sarebbe stato più facile,
però dice che le rivoluzioni vanno fatte, e a pirandello pare così.
[ ma questo è un altro post]
per-farmi per-donare ho portato un pò di pappa e ciccia (ma quella non si vede).
mangiare a marsala.
a) prima colazione.
è impossibile fare un piccolo digiuno,
piuttosto una collezione di colazioni.
bar vito, davanti ai canottieri.
noi facciamo ancora colazione all’aperto, e visto che il tempo è più lento, ci fermiamo anche a fumare una sigaretta.
iris al cioccolaTTo, succo di frutta all’albicocca, caffè lungo in tazza grande.
b) merenda della mattina.
di solito non la faccio la merenda della mattina, è che sono qua.
bar vito, corso gramsci.
(non è un monopolio, ma potrebbe).
arancina alla carne. riscaldata la vuole? appena appena, grazie.
(troppo presto per il vino. perchè?).
c) i pranzi qui sono costretta a saltarli. dice l’antico proverbio, pranzo con i tuoi, cena con chi vuoi.
d) merenda del pomeriggio.
granita di gelso da caito, zona stagnone.
che ve lo dico a fare.
(“stanotte è venuta l’ombra, l’ombra che mi fa il verso, le ho mostrato il coltello e la mia maschera di gelso”).
e) aperitivo al juparanà.
sgroppino (sorbetto al limone + vodka).
e poi acciughine e caponata e pomodorini secchi e olive e. e. e. e. e.
f) cena alla bottega dal carmine.
quanto mi piace la bottega del carmine? davvero tanto. stradina minuscola in centro.
tavolini di legno. lino colore sabbia e spago color spago. vetri sulle case cadenti (esprimi un desiderio).
ancora arancini caldi caldi caldi.
pasta pesce spada e melanzane. e pomodorini pachini pachini. un pò di menta?
sbriciolona di pere e cioccolato.
oppure.
cena al signorino, sul mare.
sette volte su dieci andiamo in spiaggia al signorino, d’estate. da mille anni
(mille anni al mondo mille ancora che bell’inganno sei anima mia,
e che bello il mio tempo che bella compagnia”)
ci sono ancora le canne sul tetto.
cappuccetti fritti. cappuccetti fritti. cappuccetti fritti. (il lupo non ha capito niente).
pasta con i ricci.
(di più c’è solo il mare a morsi).
oppure.
cena alla trattoria garibaldi.
in piazza garibaldi. nella piazza della chiesa dell’addolorata. nel senso che se il tempo è bello la sera i tavolini stanno sotto la chiesa.
e qui c’è il cous cous. col brodetto, a parte. (neanche sally ha capito molto, forse).
nero d’avola.
syrah.
syrah quel che syrah.
che confusione, syrah perchè ti amo.
z) prima di partire, al volo: panino colle panelle al baracchino davanti al mio liceo.
cosa sono le panelle?
e il giorno della civetta?
“L’autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa nel grigio dell’alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell’autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante e ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l’autobus si mosse con un rumore di sfasciume. L’ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza, colse l’uomo vestito di scuro che veniva correndo; il bigliettaio disse all’autista “un momento” e aprì lo sportello mentre l’autobus ancora si muoveva. Si sentirono due colpi squarciati: l’uomo vestito di scuro, che stava per saltare sul predellino, restò per un attimo sospeso, come tirato su per i capelli da una mano invisibile; gli cadde la cartella di mano e sulla cartella lentamente si afflosciò”.
“Ubriaco di trementina e di lunghi baci,
guido il veliero delle rose, estivo,
che volge verso la morte del giorno sottile,
posato sulla solida frenesia marina”, dice Neruda Pablo.
è tautologicamente inebriante essere ubriachi.
essere ubriachi senza bisogno di bere.
essere ubriachi bevendo.
essere ubriaChiara, per quanto di mia competenza.
UbriaChiara di:
a) io so chi;
b) nero d’avola;
c) cosmopolitan.
quando non si può
ho un barbatrucco.
il gintris.
che ha il grosso vantaggio di farmi (ci-vi-si) brillare di brillitudine propria
anche quando non si può o non si deve
o manca la materia prima (l’alcool), la materia seconda (il ghiaccioellimone), la materia terza (il bicchiere), in-somma (ma due più due, farà quattro?)
insomma nelle micropause non dormienti di lavoro.
da qualche parte si può scaricare.
(non devo certo io spiegare come quando dove e perchè).
il gintris.
funziona come il tetris. ma al posto del rettangolo c’è un bicchiere ghiacccio e limone.
e al posto del lego ci sono delle bollicine di gin colorato.
scoppiano a quattro a quattro, dello stesso colore, ovviamente.
è una metafora della vita,
(del resto tutto nella vita può essere una metafora della vita).
attenzione,
dà dipendenza.
e anche questa è una metafora della vita.
Lavoro in una stanza grande e silenziosa.
Tranne che tra le 11.45 e le 14.53,
quando c’è il serio rischio che qualcuno chiacchieri, rubi le scarpe, mangi, beva grappa, balli il tango,
è una stanza silenziosa.
Appartiene a un gruppo quantitativamente variabile qualitativamente anche
fatto di dottorandi, dottorati, assegnisti, visiting professor.
Sembra una cosa gagliarda, e un pò lo è.
Si cercano soluzioni a problemi. Oppure, più spesso, si cercano problemi per poi avere la scusa di cercare altre soluzioni. Una cosa alla wolf (quello di pulp fiction, non la virginia).
Quando la densità demografica della stanza è inferiore alle due unità, cioè quando ci sono solo io me medesima,
approfitto per fare il micropisolo post prandiale.
Una cosa di ventitre minuti, trentacinque al massimo.
Giusto perchè sono femmina del sud, e dopo pranzo noi facciamo la siesta, perchè fa troppo caldo per lavorare e perchè sennò la produttività marginale decresce.
Ventitre minuti, trentacinque al massimo forniscono una congrua ricarica senza determinare prolungati ammorbamenti.
In condizioni propizie sogno al terzo minuto e mezzo.
Mi addormento dopo due minuti e quindici secondi attraverso, alternativamente:
a) l’immagine del mio armadio e di cosa mi metto stasera per fare la cosa ics;
b) un’idea romantica variamente montata e mediamente tamarra e ollivuddiana (da uno straziante incontro alla stazione, a un aereo sul lungomare con uno striscione chiara ti amo, a una partita a tennis dalla grande tensione erotica, a un viaggio in mongolfiera sopra parigi);
c) una partita immaginaria a tetris. questa ultima soluzione è la più rapida.
giustappunto oggi, dopo avere mangiato una triste insalata di tonno
(e una spremuta. e un caffè. e un piccolo lindt. cioè due piccoli lindt),
mi micropisolo.
i pezzi del tetris scendono.
trenta secondi.
entra un utente molto occasionale della stanza con una straordinaria capacità di
(non posso scriverlo. magari mi scopre.)
molto occasionale, tipo una volta al mese, ma una sola volta è assai molesta.
lo chiamerò andrea, perchè, in effetti, si chiama andrea.
A.:”ciao chiara che fai sdraiata sulle poltrone?”
io lo invito a occuparsi di quanto di sua competenza.
invece no: “faccio un micropisolo post prandiale, che sono un pò stanchina”.
Passano trenta secondi. Tetris. Silenzio. Altri trenta secondi.
A.: “e perchè sei così stanca?”
io gli dico che ho preso a sciabolate capitani coraggiosi e furbi contrabbandieri macedoni,
sfidato gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei ming.
invece no. gli dico che è stata una mattina faticosa.
Passano trenta secondi. Tetris. Silenzio. Altri trenta secondi.
A.P.: “perchè dormi su due poltrone anzichè su tre?
non ti dà fastidio la luce?
non hai paura che entri qualcuno?”
io gli dico che soltanto la sua voce nasale insistente zanzarosa mi impedisce di dormire
che è simpatico come una spinta al buio.
invece no. faccio finta di dormire.
Passano trenta secondi. Tetris. Silenzio. Altri trenta secondi.
Non ci riesco più.
Aspetto che se ne vada.
Mi alzo e mi faccio un teino.
se l’unione europea
convertisse in euri
anche i miei anni
adesso ne avrei 13 virgola qualosa….
crederei nel sole,
nel mare,
nei baci con la lingua,
nel day after qualsiasi cosa.
come stamattina,
ma non mi sentirei pazza.