a volte quando dico che la fotografia di un film è bellissima,
intendo che il film è lento e noioso.
a volte.
altre volte la fotografia di un film è bellissima e il film è una grappa di poesia.
un distillato di emozione trasparente.
la trama? che ve la dico a fare, quando si trova su un qualsiasi trovacinemaPUNTOqualcosa e fatta meglio.
vabbè poco poco.
prime emigrazioni dal sud italia.
la famiglia di salvatore mancuso muove da petralia sottana (palermo) verso l’america.
si racconta della decisione di partire.
del viaggio.
della quarantena appena arrivati e delle visite di idoneità.
[ma in fondo cosa succede di diverso oggi? aperto e chiuso pensiero poLLitico].
e poi?
le facce.
il siciliano con i sottotitoli per i non terroni.
gli (s)colori.
e questa essenza di sicilianitudine in esse: superstizione e speranza.
(e poi l’orgoglio senza pregiudizio e la semplicità senza stupidità)
ma non ne posso parlare, io. sono di parte.
solo un paio chicche.
(non sono molto precise, ma non mi è stato possibile fare le orecchiette sulla pellicola per fermare i punti).
– le scarpe. per andare in america ci volgiono le scarpe. ma le scarpe devono essere usate solo quando vedono la strada.
– sulla nave per l’america, momento festoso. con i tamburelli parte “amuri amuri” (amuri chi m’hai fattu fari, fari m’hai fattu ‘na granni pazzia..) e su quella si innestano (o innescano? o insettano?) l’avemmmaria e il padrennnostro.
– le visioni surreali di mancuso salvatore, nuotare nel latte e aggrapparsi a una carota gigante.
– una donna chiede a mancuso salvatore di sposarla per potere entrare nel nuovo mondo, e precisa che non è per amore. e lui le risponde: certo, manco ci canuscemo. per queste cose ci vuole tempo.
– “quando lo vediamo Luciano?” Luciano? l’oceano……
Più che un distillato,
una coppa di Nero d’Avola
con quel suo buché di viola,
spezie, cioccolato, cuoio,
tabacco, sesso sotto il sole,
musica sotto la luna,
corpo corposo, sapore saporoso.
E il vapore vaporoso,
quello dei migranti
che si prendeva per andare in ‘merica.
Viva te e la tua Trina-chià!
Le visioni surreali ortofrutticole mi attizzano non poco. I sottotitoli per non terroni li trovo poco poetici.