Come ci si innamora?
Forse è una immagine che si attacca dentro.
Come un post it, all’inizio, per chi si è stancato dei colpi della strega e confida nei colpi di fulmine.
Delle volte, una su ogni quante non lo so, dipende da come è messa Venere,
quella immagine diventa più salda e più ferma, per un processo che sembra irresistibile e irrevocabile.
Ma la colla del colpo di fulmine dura poco,
e si aggiungono delle puntine, una dopo l’altra,
a tenere ferma l’immagine nel cuore, nello stomaco, nella mente o tra le gambe (ognuno localizza l’amore dove crede).
Tante puntine da disegno, una dopo l’altra.
I più impulsivi (o i più spaventati, ma a volte anche la paura è una misura)
useranno dei chiodini;
chi c’è già passato, e non ha più voglia di investire troppo, farà bastare dei chiodini arrugginiti.
Gli ossessivi e i compulsivi cercheranno di usare il trapano.
I fatalisti e i volubili spereranno nella colla lieve del primo post it.
Io sono per le puntine da disegno.
Colorate.
Ognuna per ogni momento.
Ne bastano quattro, una per ogni angolo,
o di più.
Il perimetro di ogni immagine è infinito,
e tra due punti c’è sempre spazio (lo dicono tutte le tartarughe in fuga da achille) per un attimo:
di occhi, di naso, di bocca, di mani, di orecchi
(ognuno vive le emozioni da dove crede).
Io una puntina per attaccarmi una immagine dentro
l’ho usata a portovenere, molte lune fa.
Ed è qui che, senza grande richiesta, si ambienta la seconda puntata ufficiale della nostra rubrica gastronomica.
Portovenere ha tutti gli ingredienti del posto romantico.
Ci sono le casette a nido d’aquila, strette strette.
tante piccole teste con i fazzoletti colorati che si sporgono da una finestra troppo piccola per contenerle tutte.
o tanti occhi che si stringono per entrare in una fotografia. O in una cartolina,
che passando di là hai l’impressione di essere dentro una cartolina,
con l’istinto correlato di sistemare i capelli, gli occhiali, l’orlo della gonna.
C’è il mare.
E le anse sul mare.
E le ansie da mare e le ansie d’amare.
E l’isola lì davanti, sul mare.
E c’è la chiesa a picco, sul mare.
E i gozzi, e gli alberi delle barche, e gli scogli, e gli amanti nascosti tra gli scogli, sul mare.
E ancora mare, dietro l’angolo, col senso dell’ignoto sul collo, tra i baci e il vento.
E sotto i balconi, c’è questo posto, Iseo.
Non è nascosto per niente, putroppo per le guide turistiche.
E’ un posto dove ci si ferma d’istinto e di naso.
Pietre e vetri, e i tavoli fuori, dove il mare arreda.
Capita avere un accompagnatore attento che solleva dall’onere di scegliere cosa mangiare,
e che solleva dall’onere di staccare gli occhi da tanti e tali gradi di blu per incollarli sulle carte del mangio.
l’accompagnatore attento avrebbe ordinato di dolce autorità
tutti gli antipasti del mondo
con particolare attenzione alle frittelle di baccalà
e gli spaghetti allo scoglio
che nonostante personali idiotesincrasie per la pasta lunga, sanno davvero di scoglio.
l’accompagnatore attento avrebbe anche ordinato un vermentino colli di luni
(o almeno così ci pare, per noi fanciulle sensibili al vino non è facile ricordare proprio tutto).
L’accompagnatore attento, credo, vi consiglierebbe queste cose.
Io, il menù, non ho avuto il tempo di aprirlo.
E il posto, o il pesce, o il vino, o l’accompagnatore attento
potrebbero raccontare tanti e tali sogni,
che non sarebbe più possibile decidere dove stavano tutti quegli attimi
lungo il sentiero che “dal finto di amor conduce al vero”.
Sono tornata da quelle parti, perchè mi ricordavo di avere piantato una puntina
da quel posto, dentro di me.
Perchè le puntine, dopo tante e tante lune, cadono.
E bisogna ricordare e ripensare.
Le puntine cadono.
Ma ci sono immagini che restano
(delle volte, una ogni quante non lo so, dipende da dove avete il sole o giove, o il cuore)
e non hanno più bisogno di colle e di puntine,
perchè stanno su da sole
e ogni attimo, in fondo, è una puntina.