Archivi giornalieri: lunedì, 5 Maggio, 2008

ventitre gradi. uicchénd al sole.

ventitré gradi e se ti abbraccio non è perché sento freddo,

e quando vado sotto le lenzuola la mattina non è che mi dia fastidio la luce.

ventitré gradi per stare sul bordo della piscina solo con la camicia. e senza camicia e con la camicia e senza camicia.

ventitré gradi per avere il tempo di guardare il mondo che corre accanto alla moto, senza nascondere la testa. e senza parlare, quasi senza respirare, i-poddando, almeno quando non siamo in quinta (abbiamo una quinta?).

ventitré gradi e i calamari fitti rimangono calducci e li posso mangiare piano piano,

mentre mi chiedo se i calamari sono gli anelli di fidanzamento delle balene e ogni calamaro che mangio è un amore acquatico che finisce, ma è un pensiero che tengo per me,

mentre parliamo di quelle cose di cui parliamo quando ne parliamo, 

tipo l’innamoramento che diventa amore che diventa amore odio,

ma l’amore resta amore anche con la guerra, come i fiori restano fiori anche dentro ai cannoni,

ma possibile che non abbiamo altri vasi per mettere i fiori,

e altre armi per fare l’amore,

e quello che era facile diventa difficile e quello che doveva essere difficile diventa facile,

la necessaria incompatibilità, 

ventitrè gradi e se mi scende una lacrima evapora subito, meglio così che altrimenti non ne possiamo parlare e parliamo parliamo parliamo,

e io sono confusa come una trota salmonata che ha perso l’identità,

e vorrei solo averti appiccicato al tatto dei miei polpastrelli,

anzi vorrei che tu sapessi che vorrei averti appiccicato al tatto dei miei polpastrelli,

anzi, vorrei essere un polpo per appiccicarmi meglio,

anche sei i polpi per ammorbidirli vanno sbattuti e questo perché tutto è una metafora di qualcosa,

e stiamo ancora parlando,

delle cose che solo a pensarle mi fanno piangere, e delle cose che solo a pensarle mi fanno ridere,

tanto le lacrime me le dimentico sempre, come i bambini, è il durante che ci frega.

ventitrè gradi ma come si sta bene,

però urlano tutti.

ma che bello, se saremo vecchi insieme, 

potremo toglierci l’apparecchio acustico e parlare come due polpi.

 

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