e così, meno di una settimana fa il mio bambino numero due
(il mio adorato bambino numero due che è un duenne) è caduto da una scala,
ha battuto la testa, si è fatto male all’orecchio e si è rotto la clavicola.
è buffo perché ricordo che dieci anni fa pensavo che la clavicola fosse l’osso più sexy dell’apparato scheletrico, mentre adesso mi sembra che il mondo intero poggi non sulle spalle ma sulla clavicola di atlante.
ma non voglio parlare della notte in ospedale, della paura, del rumore che fa il cuore di una donna quando si ammacca.
neanche del tassista berna 23 che andava a 27 km orari e, quando in lacrime gli ho chiesto se per favore poteva andare più veloce che dovevo raggiungere il mio bambino all’ospedale, mi ha detto signora se voleva correre doveva chiamare un’ambulanza (pure inappropriato, oltre che maleducato, visto che il bambino era già al pronto soccorso e io, perlomeno all’apparenza, ero sana).
e nemmeno parlare dell’albergatore che mi ha chiamato arrabbiato la mattina dopo per farmi il cazziatone che non sono partita e non sono arrivata in albergo, e quando gli ho detto mi scusi io sono una persona precisa, ma sono all’ospedale eccetera eccetera, mi ha abbracciato con la voce e mi ha detto di non preoccuparmi, per cui per ogni stronzo che si muove c’è una brava persona che sta ferma, e quindi il mondo resta in equilibrio nonostante tutto.
niente tristezza che non piace a nessuno leggere le cose tristi,
e soprattutto perché la testina stava bene, dopo tutto,
e, dopo tutto, mi sono solo dimenticata di respirare per trentasei lunghe ore.
voglio scrivere solo di come un duenne si rompe la clavicola e va in giro con una manica della felpa a penzoloni perché il braccino è lì dentro tutto fasciato,
e sembra un incrocio tra napoleone e un veterano di guerra,
ed è un piccolo, piccolo, eroe.
perché il duenne non si lamenta.
non fa l’elenco delle cose che non può fare,
nel giro di un niente impara ad alzarsi e sedersi in questa nuova versione,
impara a fare tutto col braccino sinistro, come se fosse sempre stato così.
e fa tutto, tranne togliere i tappi ai pennarelli ma per questo c’è la mamma.
ogni tanto dice ai-ai ma si tocca parti del corpo che non si sono fatte male,
e io gli dico vuoi un bacio, e lui dice sisi e comincia a ridere.
e non so se tutto questo ha senso e sentimento per tutti quelli che non sono mamma o che non sono me.
però è un piccolo pensiero dicembrino, mentre tutti cantano a natale puoi,
e vorrei aggiungere a natale puoi non perderti di animo, rimboccarti le maniche (una o due a seconda dei casi), non dimenticare di respirare e di provare a sorridere.
ps. colonna sonora Elliphant, North star (bloody christmas)
(“and we dance around the tree”)