vogliamo salvarci?
vogliamo veramente salvarci?
o vogliamo annaspare fino ad annegare in un mare di angoscia?
è una domanda retorica?
evidentemente si.
perché se vogliamo veramente salvarci da qualsiasi mostro che si nasconde sotto i nostri letti e che si traveste da fame solitudine paura ansia ma che in realtà è fatto solo di confetti alla mandorla e cioccolato e basterebbe mangiarli per trasformarli in brufoli da fare esplodere col dentifricio per eliminare il mostro (ci piace questa immagine pulp?)
se vogliamo veramente salvarci (oh come sono retorica, non starò mica pensando di candidarmi a sindaco di firenze? c’è una vena polemica in questa frase?)
se vogliamo veramente salvarci insomma
(scusate mi sono distratta. un vicino che parla con la finestra aperta si stava interrogando su cosa fare e se andare fisicamente lui in un certo posto. gli ho appena detto senza farmi vedere dalla finestra di andare lui ma non fisicamente, mandando un ectoplasma. mi piacerebbe avermi come vicina di casa. starei tutto il giorno alla finestra aspettando di vedermi passare in mutande zebrate per farmi una foto e ricattarmi. poi forse mi denuncerei. ma alla fine patteggerei).
se vogliamo salvarci bisogna quantomeno essere ottimisti.
possibilmente ottimisti e di sinistra, come le puttane di lucio dalla (anche se mi sembrano più di sinistra quelle di de andrè), ma intanto (intanto che la mano sinistra guarda cosa fa la mano destra almeno per capire cosa fare per rendersi mancina) intanto ottimista.
e per questo precipuo motivo mi permetto di dissentire dalla solitudine dei numeri primi di giordano paolo.
capisco che è un bellissimo libro che lo abbiamo letto e lo abbiamo anche pianto.
capisco che se studi fisica e ti viene in mente una metafora gagliarda come mattia e alice che sono “Come quei numeri speciali, che i matematici chiamano primi gemelli: due numeri primi vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero”, se ti viene in mente, dicevo (ecco, ho chiuso la finestra), ti viene da usarla e da costruire un romanzo tristissimo che finisce un po’ così.
però, santa patata americana, basta disagio. poteva anche pensare che due numeri primi gemelli saranno anche lontanucci, ma potrebbero sommarsi e siccome sono di sicuro dispari la loro somma sarà pari, saranno divisibili per due e vivranno felici e fondenti.
santissima patata americana quando sei in una storia a bivi tipo quelle di topolino, e hai una cosa bella e felice davanti, che fai scappi o la rincorri? bè, io la rincorrerei, piuttosto che scappare perché non-so-non-so-se-ce-la-faccio-non-so-se-poi-mi-piace-per-davvero. o no? (domanda retoricissima).
già che dissento, dissento anche da Zygmunt Bauman, che ha scritto modernità liquida, amicizia liquida, arte liquida, amore liquido…
capisco che se uno trova un aggettivo così gagliardo fa bene a usarlo a usarlo e a riusarlo, tanto più che il nostro corpo è costituito al 90% da acqua (questa cosa proprio non mi torna però, com’è che peso 54 chili),
ma ci piacciono davvero le cose morbide e adattabili? o quelli non dovrebbero essere piuttosto i maglioni di cachemire? vogliamo davvero rapporti fluidi di taker e giver fungibili?
io impersonalmente voglio essere potenzialmente libera come una bolla di sapone,
ma i miei rapporti quando li voglio, li voglio belli solidi come blocchi di cioccolata, come i bicipiti del david di michelangelo, come le copertine di cartone dei libri in prima edizione. vero è che tutto passa, ma finché non passa voglio che sia.
già che ci sono.
vorrei che andassimo a fare un picnic al mare con una temperatura media di 21 gradi, che portassi un cesto di vimini con un nastro rosa come la canzone di battisti, con dentro tutte le cose che mi piacerebbe mangiare in un picnic al mare con 21 gradi, tipo pistacchi e cipster, bocconcini di pollo fritto e patate arrosto, vino rosso ma non troppo anzi si, nutella e biscotti. poi vorrei che tirassi fuori un aquilone bianco con su scritto in rosso “chiara ti amo”, ma andrebbe bene “I” cuore “chiara” e cominciassimo a correre.
questo è il mio pensiero ottimista e solido per affrontare il pomeriggio.
salù.