se c’è un ponte, lo attraverso.
se del caso, dopo, lo faccio saltare con una bomba di carta pane.
se c’è un ponte, non lo trascorro di sicuro alle terme. c’è tempo per bollire e la mia pelle è già morbida.
quindi, lo scorso ponte, lo abbiamo passato al tango festival.
4 giorni di stage e, soprattutto, 4 notti ballate dalle 11 piemme alle 4 aemme.
meglio delle terme. anche di un anno di psicoanalisi. e di un controllllaltcanc (o di mela Q).
mi sono trovata a ballare con un archeologo da sola davanti a duecento persone. tremavo come una foglia e ho perso un po’ di controtempi, ma vuoi mettere l’autostima?
ho ballato un tango che poteva essere il tango della mia vita. ma non l’ho detto a nessuno non ho cercato di ripeterlo e sono tornata al mio tavolo ostentando finta sicurezza (“hai ballato il tango della tua vita? allora non ballare più per questa notte”).
ho lasciato uno uno in mezzo alla pista perchè credeva di ballare la salsa, con me.
ho dovuto tenere i miei piedini a mollo nell’acqua calda e sale per 5 ore.
adesso ho fortissima questa frase, che nel tango, come nella vita, bisogna trovare il giusto equilibrio tra abbracciarsi troppo stretti e ballare troppo lontani.
[ma quando qualcosa ti fa impazzire, come si fa a non volerla stringere?]
poi ho nel naso un profumo umido di limoni, di cui, purtroppo per Voi, non posso parlare. a questo si è aggiunto un profumo di plastica e uva che è ancora più difficile da spiegare. chissà se lo capisce.
in bocca so di sangue e yogurt, perchè ho le labbra spaccate.
i polpastrelli hanno il senso di seta e camoscio.
davanti agli occhi non ho niente perchè il cuore mi scoppietta.
e, con causalità e casualità, il cuore mi va al ritmo di questo atipico tango di bregovic goran, featured da consoli carmen, focu di raggia.
per me, allo specchio:
“Dicevi ca
L’amuri miu è galera