Archivio mensile:novembre 2007

parole in prestito, galassie di timi f.

rumino con le mani dietro al giorno appena passato,
per cercare un chiodo a cui appenere la pelle e mettermi a dormire nuda,
con tutte le emozioni all’aria.
cerco di addormentarmi nella speranza, nel sogno, di non avere quella sensazione che tutto crolla intorno e non so più dove aggrapparmi.
il cielo?
non regge più nessun pianto, poveraccio.
la terra si sta sgonfiando di entusiasmo, quasi le gira la testa a forza di volare.
da quanti milioni di anni, povera bambina, cerchi il tuo amore e non lo trovi?
da troppi.
sei come me, non riesci a cambiare strada.
anch’io come te faccio sempre gli stessi errori di percorso e non riesco a uscirne.
per salvarmi dalla mia vita dovrei saltarne fuori,
ma come fa un pianeta a saltare fuori dalla propria orbita e a darsi la possibilità di una nuova galassia?
ti giro intorno, amore, e non ti raggiungo mai,
ma almeno so che ci sei, anche se brucio a starti vicino.
poveracci quelli che neppure lo vedono questo sole e gli girano intorno,
caproni convinti di poterlo un giorno toccare senza bruciarsi le mani.
ma quelli non moriranno con l’amore nel cuore, sfiniti di desiderio,
e neppure sapranno mai che cosa significa soffrire ed essere felici.
perchè non bisogna essere felici per conoscere la felicità.
sapere che l’amore c’è rende impossibile la sofferenza,
questo è il punto da dove andare a calcolare l’infinito soffrire dell’amore.
perchè io, quando ti dico che ti amo lo so che mi brucerò
e sarei stupida se non pensassi questo,
significherebbe che tu non sei vero amore.
il lasciarsi devastare è l’unica via d’amore concessa alle donne.
ti tengo dove stai,
al centro delle mie perplessità,
al centro della mia miopia,
al centro del mio dolore,
ma è dove devi stare.
mi brucerò di stanchezza forse.

si possono addomesticare i salti nella notte?

se è possibile portare con sé un poco di marjuana per uso personale,
forse è possibile anche usare il blog per fini personali.
vero è che il blog è in sè personale,
solo che alcuni messaggi sono più personali di altri.
come i maiali di orwell.

oppure
come le amache.
come i cappelli da baseball sui capelli bagnati.
come i panini con lo speck avvolticciolati nello domopack, portati al mare con la coca light
(anche se adesso dobbiamo tutti ricordarci di lavarla col sapone, prima)
come un giornale, due giornali o centomila sulla spiaggia dello zanzibar.
come gli accappatoi degli alberghi.
come i ristoranti sbagliati per colpa delle guide.
come le macchine più vecchie di noi.
come i bioritmi diversi che si accoppiano, si accoppano, si accoppiano.
come le caffettiere la mattina.
come le panchine.
come le lacrime e come i sorrisi.
come occupare più della metà di un letto.
come sbattere le porte.
come quando basta un dito.

come tutte le volte che ci facciamo bene.
come tutte le volte che ci facciamo male,
come tutte le volte che ci facciamo male pensando di farci bene,
come tutte le volte che ci facciamo bene pensando di farci male.
come tutte le volte che si parte.
come tutte le volte che si torna.

come tutte le onde per cui il mare non si ripete mai.
(anche se non tutte le ciambelle riescono col buco)

alla solita fiera delle banalità,
uno mi ha detto che l’amore è un regalo.
arriva.
poi bisogna trovare il modo di averne cura.