In un mondo parallelo in diagonale esiste sicuramente una donna Clarita
Che nella città delle arie buone
Aspetta tutte le sere
Un uomo che non è registrato all’anagrafe
Gli pulisce le ferite col rum
Si fa ballare una volta sola
E ricomincia ad aspettarlo
c.
El Tango, Jorge Luis Borges in “Carme presunto e altre poesie” Einaudi, 1969
Dove saranno? chiede l’elegia di quelli che non sono più, come se esistesse una regione in cui l’Ieri potesse essere l’Oggi, l’Ancora, il Tuttavia.
Dove sarà (ripeto) la mala che fondò, in sentieri polverosi di terriccio o in villaggi sperduti la setta del coltello e del coraggio?
Dove saranno quelli che passarono, legando all’epopea un episodio, una favola al tempo, e senza odio, lucro, nè passione d’amore s’accoltellarono?
Li cerco nella loro leggenda, nell’ultima brace che, come una vaga rosa, trattiene qualcosa della ciurma valorosa dei Corrales e dei Balvanera.
Quali vicoli oscuri o quale deserto dell’altro mondo abiterà la dura ombra di colui che era un’ombra oscura, Murana, il pugnale di Palermo?
E quale fatale Iberra (ne abbiano pietà i santi) che uccise su un ponte della via suo fratello lo Snasato, che deteneva più morti di lui, e così pareggiarono?
Una mitologia di pugnali lentamente si annulla nell’oblio; una canzone di gesta si è perduta in sordide cronache poliziesche.
C’è un’altra brace, un’altra rovente rosa nella cenere che li conserva interi; ecco i fieri uomini del coltello e il peso della lama silenziosa.
Anche se la lama ostile o quell’altra lama, il tempo, li ha fatti perdere nel fango, oggi, al di là del tempo e della nefasta morte, quei morti vivono nel tango.
Si trovano nella musica, nelle corde della testarda chitarra faticosa, che trama nella mitologia venturosa la festa e l’innocenza del coraggio.
Gira nel vuoto la gialla ruota di cavalli e leoni, e sento l’eco di quei tanghi di Arolas e di Greco che io vidi ballare sui marciapiedi,
in un momento che oggi emerge isolato, senza prima nè poi, contro l’oblio, e che ha il sapore di ciò che è perduto di ciò che si è perduto e si è recuperato.
Negli accordi ci sono antiche cose: l’altro cortile e un barlume di pergola, (Dietro le pareti sospettose il Sud conserva una chitarra e una lama).
Quella raffica, il tango, quella diavoleria, gli anni indaffarati sfida; fatto di polvere e tempo, l’uomo dura meno di quella leggera melodia
che è solo tempo. Il tango crea un torbido passato irreale che in qualche modo è vero un ricordo impossibile di essere morto rissando, in un bivio di periferia.